giovedì 19 dicembre 2013

Consulenza per genitori separati. La separazione: da evento che lacera equilibri e aspettative a occasione di adattamento e collaudo di risorse.

Sempre più spesso bambini e adolescenti devono adattarsi a separazioni dei genitori, alternanza nella quotidianità,  relazione con i nuovi compagni di essi. Talvolta tale evenienza viene vissuta dai genitori con sensi di colpa perchè non si offre ai figli “il meglio”, ma anche da bambini e ragazzi, come se se ne sentissero in qualche modo responsabili. 
E' invece importante iniziare a considerare tale evenienza come una delle possibili declinazioni della famiglia e del crescere, che può diventare occasione di apprendimento e di collaudo di risorse.

E' in tale ottica che si svolge la consulenza psicologica a genitori e/o minori che stanno attraversando le acque spesso burrascose della separazione, e magari se ne fanno una colpa senza riuscire a valutare oggettivamente le modalità più adeguate a gestire una congiuntura sicuramente complessa e dolorosa, ma non patologica o necessariamente traumatica.

La ricerca della felicità

Cito da un articolo di Galimberti, presente su D di Repubblica in data 7/12/13: 
"... Per trovare la felicità che dura, penso che non basta svegliarsi «con una musica allegra e un pensiero positivo», perché anche in questo caso siamo passivi: “ascoltiamo”e non “creiamo” noi quella musica.
I pensieri, poi, ci vengono e il loro colore non lo decidiamo noi. La felicità, quella vera, ci vuole attivi. È una felicità che non ci “capita”, ma che dobbiamo “costruire”a partire dal primo insegnamento dell’oracolo di Delfi che dice: «Conosci te stesso». Se evitiamo questa conoscenza, nella vita prendiamo solo abbagli, inseguiamo modelli che non ci corrispondono, perché non sappiamo chi siamo, non conosciamo la nostra virtù, la nostra inclinazione, in termini religiosi, la nostra vocazione, ciò per cui siamo nati. E quindi non realizziamo quello che gli antichi chiamavano il nostro “demone”, dalla cui realizzazione scaturisce la felicità, in greco “eu-daimonia”, la buona riuscita di sé.
Ma il secondo insegnamento dell’oracolo di Delfi ci dice anche che questa realizzazione deve avvenire «secondo misura», perché dopo la conoscenza di sé è necessaria anche la conoscenza del nostro limite, perché chi ignora il proprio limite, prepara la sua rovina.
Se ci atteniamo a queste due massime, costruiamo la felicità che dura, la quale non esclude la felicità che ci capita, quella innescata dalle passioni, ma la riconosce nei suoi limiti e non fa esclusivo affidamento a ciò che ci accade senza un nostro lavoro. 
Il lavoro della realizzazione di sé non conosce abbandoni e tradimenti, perché non abbiamo consegnato l’anima per intero a un altro come quando siamo trascinati dalla passione."

martedì 12 novembre 2013

"Sto imparando più da mio figlio di quanto abbia imparato dai miei genitori"

Prendo spunto da una considerazione di una paziente per parlare di relazione con l'altro da sé e apprendimento.
I genitori spesso sentendosi schiacciati dalla responsabilità dell'educarci, si sono posti nei nostri confronti più come autorità che come persone, pretendendo da noi adeguatezza a modelli. Certamente questo ci ha insegnato comportamenti e ci ha fatto apprendere competenze; ma per quanto riguarda il compito principale dell'esistenza, che è apprendere la convivenza con l'altro da sè e il rapporto io-tu, nella loro irriducibile differenza, il loro porsi come autorità ne ha diminuito i potenziali stimoli nei nostri confronti. Il loro porsi come autorità può aver stimolato dipendenza o ribellione ( che è poi un'altra forma di dipendenza, detta "contro-dipendenza"), ma meno quel rapporto, fatto talvolta di incomprensioni e fatiche, sempre di limitazioni reciproche, ma anche di profonda dolcezza, che è la scoperta e la convivenza con l'Altro da noi, impegnato nei nostri stessi problemi esistenziali, ma a modo Proprio.
I figli dal canto loro si pongono inevitabilmente come quello che sono e sentono, talvolta resistono ai modelli da noi proposti, e sono così portatori di un notevole potenziale di apprendimento.
I nostri figli ci aiutano a rapportarci con quello che realmente sono, rinunciando alla nostra immagine ideale di loro, ma anche di noi stessi come genitori. 
Ciò non vuol dire rinunciare al proprio ruolo genitoriale, fatto di responsabilità e affetto, ma vuol dire autorizzarsi a viverlo a modo proprio, come Maria, Giovanna, Francesco... accettando che anch'essi vivano l'essere bambini, ragazzi, figli a modo irriducibilmente loro.